Oggi Mamma Naturale intervista Barbara Fattorelli, una donna affetta da Endometriosi e che ha trovato la forza di combattere, lottare ed oggi è madre di due bambini nonostante la sofferenza che porta dentro. Si occupa anche di consulenza per le donne che soffrono di questa malattia, in calce vi lasciamo poi i suoi contatti.
Indice Contenuti
Ciao Barbara, grazie per avermi concesso questa intervista. Come hai scoperto di avere l’Endometriosi?
Avevo 14 anni quando ho avuto il primo menarca. Doloroso. Molto doloroso. Un primo avvisaglio scomparso per un lungo anno. Dopo la prima mestruazione non ho più avuto nessun sintomo di ciclo mestruale, ero gonfia, spesso soffrivo di dolori interminabili alla pancia o all’intestino, spesso stavo a casa sotto punture ma tutto passava in secondo piano. Fino a che un giorno, il medico di famiglia, allarmato non mi fece sottoporre ad una ecografia pelvica. Ero piena di cisti. Non mi diede nulla per riassorbirle. Alcuni mesi più tardi, dopo aver sofferto di parotite, dopo una lunga degenza e una febbre molto alta, mi è tornato il ciclo. Così, lo stesso medico di base, mi diede la pillola anticoncezionale, dicendo che era l’unico modo per riassorbire le cisti. Ho sofferto ogni mese di:
- emicranee;
- vomito;
- dolori allucinanti;
- sangue emorragico.
Fino a che a 20 anni i dolori erano così forti e i grumi di sangue sempre più evidenti. Fino a quando il mio intestino ormai non ne poteva più e passavo da una colica renale a coliche continue e problemi intestinali. Il mio corpo malassorbiva la pillola o meglio, non riusciva più a gestirla. Pause in cui stavo anche peggio dal farmaco. Ma senza il farmaco la mia vita era forse destinata anche a giorni ben peggiori. Avevo sempre mal di schiena, alla lombare vicino ai reni. Ma sono sempre stata uno spirito forte ma gracile nel fisico. Lunghe camminate non potevo farle. I dolori erano insostenibili. Venivo additata come quella sfaticata. Quella che non aveva voglia. Avevo un grande sollievo quando svolgevo lezioni di yoga e cercavo ginnastiche dolci. Fino ai 28 anni. Quando uno si sposa e poi cerca un figlio. Il calvario si è trasformato in una lunga pena. All’inizio i dolori erano intensi senza la pillola. Ho sempre vissuto in modo molto problematico il rapporto sessuale in sé, e anche se sentivo dolori e non potevo permettermi una vita sessuale attiva o normale, oltre a sentirmi menomata, non era sempre facile far comprendere il problema al partner e quindi anche in previsione di dover avere un figlio, perché improvvisamente sbocciano gli ormoni della maternità, i rapporti meccanici e prevedibili diventavano psicologicamente una tortura mensile, che si accompagnava alla depressione dei continui negativi e ai continui peggiori dolori.
Iniziavo a non uscire di casa, il mal di schiena era sempre presente, dieci giorni al mese non potevo muovermi perché mi bloccavo con la schiena e le gambe, pensando alla sciatica, fino a che il ciclo arrivava e mi lavava quasi via, il tumulto di bagaglio pesante che vivevo giorno dopo giorno. Il mio ex marito, aveva grossi problemi di fertilità e questo non aiutava. Con l’assistenza medica siamo riusciti e abbiamo avuto la gioia di diventare per un brevissimo attimo “genitori”. Ma l’idillio durava ben poco le 9 o 11 settimane. Le punture ormonali e i continui cicli e le operazioni non miglioravano la mia condizione. Ma nessuno si era reso conto, che gli aborti e l’infertilità non erano dovuti solamente ad un problema maschile e nemmeno alla mia poca scarsa qualità ovocitaria. Così, dopo aver perso due gravidanze, i dolori erano sempre più forti. Dopo lunghi esami clinici, due isterectopie e degenze per coliche, mi rifiutai di continuare. Provai tutte le medicine possibili naturali e le diete esistenti per ovaio policistico. Tutti davano la colpa al mio ovaio cistico. Fino a che andai da alcuni specialisti rinomati. Una ginecologa mi diede una cura omeopatica. Senza effetto. Un altro mi disse che era colpa del glutine. Eliminai anche quello. Poi un altro, all’ennesima colica ed ennesimi dolori mestruali, mi disse che era solo sindrome pre mestruale. Era tutta una cosa inventata dal mio cervello. Mi fece sentire come una pazza. Da ricoverare. Ed effettivamente, non ero l’unica a pensarlo. Tutti gli amici lo additavano. Ero diventata quella paranoica. Quella che aveva problemi psicologici e di depressione. Ero diventata la vittima e carnefice del male di me stessa. Eppure i dolori erano reali. Le visite dal medico di famiglia anche. Gli aborti erano esistiti come i miei figli. Ma nessuno dava importanza a questo. Nemmeno i medici. Fino a che, il mio allora medico di famiglia, mi disse che sua moglie soffriva di una malattia uterina, che forse non era così sbagliato dopo due anni che mi conosceva (si perché ho dovuto cambiare diversi medici perché passavo per depressione o crisi psicologiche dagli altri), di fare una visita da uno specialista che fosse davvero interessato e conosceva questa malattia. Per me, un nome che fino ad allora non aveva mai avuto riscontro sonoro: endometriosi.
Dove sei andata per trovare qualcuno che desse un nome alla tua malattia, Endometriosi?
Andai prima all’Humanitas. Dopo una visita dolorosa ho avuto un primo riscontro positivo. Dopo la risonanza magnetica ed una ulteriore visita specializzata presso il IRCSS di Milano, al centro per l’Endometriosi, la diagnosi definitiva, per la prima volta dopo almeno 10 anni della mia vita: Endometriosi al IV stadio nel setto retto vaginale con presenza di noduli ed aderenze nelle anse intestinali. Era da operare. Ecco come ho avuto la mia scoperta della malattia. In un lungo viaggio verso l’ignoto del dolore e della disperazione, dove tutti erano così insensibili e semplici. Un percorso che il 98% delle donne deve affrontare, con tutti i risvolti psicologici e fisici che questo comporta fino alla diagnosi. I medici superficiali, le persone che ancora oggi riescono a dire “massi è solo ciclo mestruale”. A queste donne, anziane giovani o madri che siano, non ho mai risposto per l’ignoranza e la poca comprensione. Ma siamo tante e siamo davvero troppe che hanno subito e subiscono tutt’ora ostracismo e mutilazioni fisiche. Anche se noiosa, ecco la mia storia
Come hai vissuto quel momento e la paura di non poter avere figli?
Dopo aver subito delle perdite perinatali, sinceramente la paura di non aver figli si è tramutata in qualcosa di diverso. All’inizio, prima del percorso di PMA, la paura c’era. C’era la disfatta. Ma la speranza. Dopo la PMA e dopo le mie perdite, il processo di guarigione porta dapprima in un baratro. I figli che prima crescevano, erano solo due punti su uno schermo ecografo nell’ambito di ricordi. Ricordi che poi si perdono. Che nessuno ricorda. A cui nessuno da peso. Il dolore fa posto alla rabbia. La rabbia all’assoluto senso di apatia. Dall’apatia al rifiuto. Alla cancellazione. Poi arriva la privazione. Quando una donna avverte quel senso di avere qualcosa di negato, di non accessibile, di qualcosa di “portato via” non si chiama più paura. Ma disperazione. L’endometriosi a molte di noi porta via qualcosa che va al di la di pezzi di corpo o anni di vita. Porta via l’essere donna. Riottenere la propria individualità e la propria identità è un processo lungo. Mai costante e dipende da donna a donna. Alcune ce la fanno. Altre no.
Dove si trova la forza di lottare per combattere l’Endometriosi?
Nel mio processo di guarigione, forzato o meno a seconda delle circostanze in cui mi sono trovata, per deformazione forse professionale (non voglio qui farmi pubblicità), scrissi un libro. Che voleva essere una coccola. Un senso, una guida per molte di noi. La forza non si trova. Non si può ne trovare e ne cercare. La forza c’è. E’ intrinseca in ognuna di noi. Si deve avere il CORAGGIO di affrontarla. Non è un processo schematico o comportamentista. E’ un ulteriore viaggio verso un ignoto definito, che non tutte sono pronte o saranno mai pronte a voler affrontare. Si combatte. La forza è innata in ognuna di noi. Solo che spesso, non ci sono abbastanza supporti psicologici e sociali che possono permettere a tutte di poter oltrepassare il lungo ponte che porta dalla paura di poter provare, al dolore di doverlo fare, al successivo sorpasso. Accettare di avere qualcosa di cronico, non curabile che ti rende “diversa” non è un passo facile. Ci vuole volontà. O a volte..una “Ninna nanna”.
Qualche suggerimento per combattere i dolori che porta l’Endometriosi?
I dolori sono incommensurabili e diversi. Per ognuna di noi. Variano a seconda di come si è sviluppata la malattia. Il dolore pelvico cronico è il prevalente e maggiormente sperimentato da ognuna di noi. Non ho trovato un vero rimedio. Sicuramente qualcosa che diminuisca l’infiammazione pelvica da un sollievo anche se precario o palliativo a breve termine alla malattia. L’alimentazione conta molto come anche un buon The bianco o la Triphala nel miele al mattino. Ma come suggerimento fondamentale, trovo di molto più aiuto ginnastiche posturali o lo Yoga Kundalini.
Quanto conta avere un buon ginecologo che segua una donna affetta da Endometriosi?
Quanto conta..direi TUTTO. Un ginecologo formato, che sappia quello che devi affrontare e che non ti metta in condizioni di additarti o di colpevolizzarti, vale molto più di un intervento chirurgico ben riuscito. L’empatia e l’umanizzazione sono fondamentali. Ma non sempre è così. Io devo dire di aver trovato il medico per eccellenza. Non solo per la professionalità e la continua istruzione, per la sua lotta con noi nella malattia, non perché famoso o rinomato, ma perché umano. Non ti fa sentire meno donna. Non ti fa credere che sia tutto possibile ma sa sempre se lo è o no. Non ti mente ma ti dona la responsabilità. Quella che viene negata dalla maggior parte dei medici. Sei tu a controllare la tua vita e il tuo essere donna. Lui ti guida. Questa DIGNITA’ che ti DONA senza pretendere nulla, è un qualcosa che per noi, è fondamentale. Non troverei almeno io, dopo aver visitato da nord al centro al sud centri e medici, uno specialista migliore. Non voglio qui fare nomi, ma se possibile vorrei lasciare un link per far capire cosa fa.
Cosa vuoi dire alle donne come te affette da Endometriosi che hanno perso la voglia di combattere?
La voglia di combattere non si perde mai. Quando sento anch’io da donne che hanno perso la voglia, dico sempre che il naso di pinocchio ha dato storia. Nessuna può perderla. E’ solo stanca. Stanca e sfinita da dolori, problemi, da una vita che viene vissuta a volte al meno della metà di quello che si vorrebbe. Ma si vive per come si può non per come si vuole a volte. Ci sono limitazioni. Ci sono privazioni. Ma la donna stanca è come una tigre in gabbia. Potere riottenere la dignità in un processo che coinvolga figure professionali in vari ambiti, in centri che non siano solo diagnostici chirurgici, potrebbe indubbiamente aiutare a far ricordare che non è la voglia a mancare, ma la sfiducia che qualcosa possa cambiare una situazione in cui anche le strutture sanitarie non aiutano.
Vuoi dire altro da lasciare come messaggio alle donne che leggono?
Il pensiero che la malattia è una menomazione non è l’unica via possibile. A volte, chiudere gli occhi e lasciarsi guidare, potrebbe essere una soluzione all’ammontare di dolore pesante che si ha sul cuore. Ci vuole coraggio. Ma il coraggio siamo noi. Essere donna. Vivere in se. Richiede coraggio. Come scegliamo cosa indossare oggi o cosa cucinare, dove andare..scegliamo di vivere. Ci vuole coraggio. Sempre. Coraggio anche solo per respirare e vivere.
Alle donne che abbiano bisogno di un supporto segnaliamo che possono trovare i contatti di Barbara a questa pagina Facebook o su Botanicas e chiedere a lei direttamente copia del suo Ebook e come poterlo ricevere oltre a una sua consulenza.
Le immagini di questo Testo sono di Proprietà di Fattorelli Barbara gentilmente concesse per Mamma Naturale e ne è vietato l’utilizzo.