La morte in culla è uno spettro che si aggira attorno ai primi mesi del bambino. Il terrore di molti genitori è di trovare il proprio figlio morto nel suo lettino.
Ne abbiamo parlato qui affrontando l’argomento SIDS e ci torniamo ora per un motivo ben preciso: la pubblicità.
Neonati nei loro lettini, in tv e sulle riviste, troppo spesso presentati in posizioni assolutamente scorrette e rischiose.
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Morte in culla: l’analisi di Pediatrics
La rivista americana Pediatrics ha condotto uno studio sulle inserzioni pubblicitarie dal 1992 ad oggi, rilevando che molte delle inserzioni danno un’idea sbagliata e pericolosa di come il bambino debba dormire.
In molte di queste pubblicità la biancheria da letto è scomposta, il bambino dorme a pancia in giù o vi sono oggetti nella culla.
I genitori devono quindi esaminare con occhio critico le pubblicità, cercando di non copiarle ma parlando con il pediatra.
Perchè è fondamentale parlare degli errori della pubblicità? Perchè negli USA, ad esempio, è stato rilevato che il 34% dei bambini continua ad esser sottoposto ad errori banali nella fase del sonno.
I genitori sono molto esposti alle pubblicità quindi è il caso che queste si adeguino ai suggerimenti degli esperti o che i genitori siano più accorti.
Ad esempio: il paracolpi è un oggetto ancora diffuso, nonostante gli esperti lo dichiarino pericoloso, e pare che si debba al 70% delle pubblicità che continuano a mostrarlo nei lettini dei neonati. Idem per i cuscini ed i pupazzi.
Ed ancora una buona porzione di pubblicità (sempre americane) mostrano bambini con lenzuola libere (liberi di tirarsele sul viso muovendosi nel sonno e soffocare) ed addirittura posti in posizione prona che è molto pericoloso, essendo la causa primaria della morte in culla.
Morte in culla: le 5 cose essenziali da sapere
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Niente paracolpi nel lettino
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niente peluche
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lenzuolo al petto e braccia libere
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non si deve addormentare con il ciuccio in bocca
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deve dormire supino
Tutti questi accorgimenti servono ad impedire al bimbo di soffocare mentre dorme.
Osservate le pubblicità italiane: rispettano i consigli degli esperti?