In questo articolo Francesca Raimondi ci spiega come la musica è fondamentale per la crescita e lo sviluppo dei bambini, oltre a presentare il suo lavoro di insegnante di musica.
Sono un’insegnante di violino, ma lavoro con allievi “particolari”: bambini piccolissimi, a partire dai 2 anni di età, anche con disabilità. Quando le persone vedono i miei allievi, il loro primo pensiero, esplicito oppure no, è “Poveri bambini, suonare a quell’età, lasciali giocare!”.
In realtà, suonare a 2/3 anni non è la “tortura” che si pensa debba essere, ma un dono di inestimabile valore per la vita di un bambino ed una grandissima risorsa per la sua crescita.
Iniziare da piccoli, infatti, è semplice, spontaneo, naturale e divertente. Fino ai 3 anni, imparare è un gioco, ed ogni bambino ha dentro di sé un potenziale straordinario che aspetta solamente di essere sviluppato. Dopo, diventa tutto un po’ più complicato e meno naturale. Imparare la postura e la presa dell’arco corrette sul violino, ad esempio, è molto più semplice a 3 anni che non ad 8-9. Anche acquisire un bel suono e tirare l’arco dritto senza tensioni aggiuntive viene più spontaneo da piccoli.
Negli anni Trenta, un violinista giapponese di nome Shinichi Suzuki ha scoperto come nella prima infanzia fosse possibile iniziare a suonare il violino così come si imparava la propria lingua madre, tramite l’ascolto, l’imitazione ed il gioco.
I bambini fino ai 3 anni, infatti, sono in grado di imparare una nuova lingua in modo fluente e senza accento, cosa che da grandi diventa difficile se non impossibile. Le persone che criticano questo approccio immaginano un piccolo di 3 anni costretto a stare immobile davanti ad un leggio per ore ed ore. Le lezioni di violino per allievi così piccoli, invece, sono divertenti, varie, ludiche, ricche di movimento ed a misura di bambino. Nessun bambino viene obbligato a passare ore fermo a leggere la musica. Al contrario, il piccolo allievo vive la lezione come un gioco e viene messo in condizione di poter esprimere la propria personalità, anche se in un contesto in cui impara anche la disciplina, l’autocontrollo e regole adatte alla sua età.
Il mio approccio parte dal metodo Suzuki, per il quale sono insegnante abilitata, e comprende anche metodi di propedeutica (Children’s Music Laboratory), la scienza del comportamento e la Psicologia dello Sviluppo, uniti a quasi 20 anni di esperienza in ambito educativo dell’infanzia e della disabilità.
Il mio primo obiettivo è quello di far vivere ai bambini, ed ai loro genitori, che partecipano attivamente a tutti gli incontri, un’esperienza piacevole, divertente e gioiosa, senza costrizioni, imposizioni, critiche o stress, ma dando loro la possibilità di crescere con la musica, attraverso la musica ed insieme al violino, che per molti piccolissimi diventa un amico ed uno dei loro giochi preferiti.
Parlo di pratica strumentale e non di musica in generale perché non sono del tutto favorevole al concetto di un generico “avvicinamento alla musica”, senza obiettivi chiari e specifici e senza un reale apprendimento. Come già sosteneva Maria Montessori, i bambini, fin da piccoli, possono già utilizzare strumenti e materiali veri e dedicarsi agli stessi compiti pratici degli adulti – in questo caso, l’attività di suonare-, solamente con un adattamento degli strumenti stessi, che devono essere per forza di cose più piccoli e maneggevoli, e delle modalità in cui essi vengono proposti. Anche il corso di propedeutica con cui insegno, il CML, non è una di quelle propedeutiche generiche in cui si fa un po’ di tutto in nome di una creatività che in realtà nasconde una mancanza di obiettivi, ma è mirato allo sviluppo delle competenze musicali:
- orecchio,
- senso del ritmo,
- motricità
- manualità
indispensabili per imparare a suonare.
Musica e allievi con disabilità
Per quanto riguarda gli allievi con disabilità, il mio lavoro non ha nulla a che vedere con la musicoterapia, ma è vera e propria didattica, infatti anche loro suonano esattamente come gli altri.
La musica, infatti, può cambiare e migliorare la vita dei bambini solamente se svolta in modo attivo e mediante un’esperienza diretta, pratica e reale di apprendimento, con le sue regole, una programmazione mirata e specifica, risultati misurabili (per l’insegnante, non certo per il bambino… sono contraria ai voti!!), una certa disciplina ed uno studio costante e quotidiano svolto a casa con il genitore.
Il bambino la vive come un gioco, ma il genitore viene informato e preparato ed è consapevole di ciò che sta donando al proprio figlio: un mezzo di espressione di sé stesso e delle proprie emozioni, una passione, un’attività quotidiana, svolta anche insieme ad altri bambini con la pratica dell’orchestra, e competenze cognitive, linguistiche, espressive maggiori rispetto agli altri bambini. Ma anche l’allenamento alla fatica, l’impegno, la costanza, la pazienza e la determinazione. In questo modo i bambini cresceranno più capaci e competenti, con tranquillità e spontaneità, ma soprattutto con gioia.